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Non rimpiango la mia giovinezza

Akira Kurosawa (1910-1998) entra nel mondo del cinema nel 1936 come aiuto regista e sceneggiatore. Il suo primo film è del 1943 (con Sanshiro Sugata per il quale firma regia e sceneggiatura). Non rimpiango la mia giovinezza (Waga Seishun Ni Kuinashi) è del 1946.

È appena finita la seconda guerra mondiale, con le tragedie di Hiroshima e Nagasaki. In Giappone era partita la caccia ai criminali di guerra e anche il cinema non ne fu immune: alcuni registi vennero allontanati per sempre, altri, dopo aver fatto autocritica, vennero riammessi. Chi aveva fatto propaganda per il regime diventano adesso difensori della democrazia.

Kurosawa, durante la guerra non aveva preso particolari posizioni, come lui stesso ricorda: “dal momento che non mi ero battuto attivamente per libertà e la democrazia, mi guardai bene dal criticare con aria di sufficienza quanto era accaduto durante la guerra”.

Questo pensiero sarà alla base di Non rimpiango la mia giovinezza i cui eventi partono nel 1933, durante l’ascesa dei militaristi coinvolti nel Manchurian Incident. Infatti, nel 1931 con un pretesto il Giappone invade la Manciuria, una regione della Cina. Da lì parte il suo isolamento internazionale che culminerà con l’uscita nel 1933 dalla Società delle Nazioni.

Non tutti i giapponesi la pensano allo stesso modo. Un professore dell’università di Kyoto, che si batte per la libertà di insegnamento, viene sospeso dall’accademia, sollevando discussioni e proteste. Yukie è la figlia di questo professore e vedrà in casa sua le diverse anime dell’opposizione: quella di Noge, radicale e impulsivo; e quella di Itokawa, più remissivo e timoroso.

La storia di Yukie sarà la storia del Giappone di quegli anni, sospesa fra la rivolta e l’accondiscendenza. Yukie prenderà la strada più difficile, con sacrificio.

Il concetto di sacrificio è un altro tema portante del film. Ricorda Kurosawa negli anni immediatamente successivo alla guerra:

Dopo il proclama dell’Imperatore, che ordinò di deporre le spade, quella gente che fino ad un attimo prima era pronta a fare harakiri in massa, se le fosse stato chiesto, si riversò allegramente nelle strade come se fosse carnevale. Non so se questo rappresenti l’adattabilità o l’imbecillità dei giapponesi. In ogni caso devo ammettere che le due componenti coesistono nell’animo giapponese, e quindi anche in me. Cresciuti con l’idea del sacrificio di sé, i giapponesi guardano all’affermazione personale come a qualcosa di immorale.

Infine, Non rimpiango la mia giovinezza è importante anche perché presenta, fatto rarissimo per Kurosawa, un personaggio femminile importante, interpretato da Setsuko Hara. Nel Giappone del 1946 fu una scelta rivoluzionaria.

Abituati a vedere sullo schermo solo figure di donne esangui, rassegnate al loro destino, rimanemmo sconvolti dalla forza di questa idealista, un personaggio totalmente nuovo.

Tadao Sato (storico del cinema)

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