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Tra Shakespeare e Kojima il cinema è morto. Mentre i videogiochi...

Cinema e serie tv, teatro e videogiochi sono tutte forme di entertainment. Perché, tra queste, i videogiochi sono sempre considerati come la meno qualificata?

In sintesi: il cinema, come il teatro, come i videogiochi… sono mezzi di intrattenimento. Eppure perché il cinema, che ha ormai solo velleità artistica, è considerato un passatempo colto mentre i videogiochi, che invece hanno sempre più arte e autorialità, sono un giochino per ragazzini? Ora, per arrivare a questa conclusione, faccio un giro un po’ largo :)

29 luglio 2017, Cambridge. È sabato, tardo pomeriggio. Piove.

Much Ado About Nothing avrebbe dovuto svolgersi nel giardino del King’s College. Ma piove. Ma a Cambridge se ne fregano se piove e alle 19.00 in punto, come da programma, parte la rappresentazione.

Gli attori recitano senza un palco, muovendosi fra le piante, liberi per il giardino. E quindi recitano sotto la pioggia. Il pubblico invece è seduto sull’erba, ordinatamente disposto a semicerchio su tre file. Sotto la pioggia anch’esso.

Piove. A tratti anche forte. Nel pubblico alcuni sono bardati con dei poncho (gli ombrelli sono vietati per non disturbare la visione chi sta dietro). E tutti guardano attenti e ridono ad ogni battuta e ad ogni smorfia degli attori.

Sembra che nessuno si sia accorto di quanto forte stia piovendo!

Ogni tanto qualcuno beve a canna da una bottiglia di vino, qualcun altro stappa una vaschetta contenente polpette. Mentre Claudio si dispera per aver dubitato della purezza di Hero, una tipa qui accanto dà un morso ad un pomodoro. Tutti scoppiano a ridere quando l’attore che interpreta Borachio ruzzola a terra, scivolando sul terreno bagnato…

Io sono qui a inzupparmi come un pulcino perché devo pur dare un senso alle due settimane di studio intensivo di inglese. Ma perché questa sessantina di cambridgiani viene qua a far la doccia invece di starsene a casa? La rappresentazione di Much Ado About Nothing non ha punte particolari. Non ci sono interpreti superlativi, non c’è rielaborazione artistica. Però è una bella esperienza. Si tratta di uno spettacolo noto, ambientato in un contesto nuovo, estremamente figo da vedere. Soprattutto se sdraiati sull’erba, mentre si mangia polpette e si beve vino. Anche se piove.

30 luglio 2017, Cambridge. È domenica, tardo pomeriggio. Non piove.

Ho un appuntamento al cinema con qualche compagno di corso di lingua per vedere un film in inglese. Scegliamo una commedia pakistano-americana. In sala, una ventina di cambridgesi arrivano con bottiglie e stuzzichini vari. A film iniziato, entra una coppia che si siede con due calici di vino in mano. Accanto a noi, una donna apre una scatola e inizia a mangiare polpette e a discutere con l’amica di fianco.

In quella sala, pare che il cinema sia solo un’occasione per mangiare polpette in compagnia. Un po’ come lo era la rappresentazione teatrale della sera prima. Che questo fatto sociale accada in una sala cinematografica è significativo. Non sempre accade. Greenaway la pensa infatti molto diversamente:

per me il cinema, inteso come luogo, è morto. Mio padre e mio nonno andavano sempre in sala con un gruppo di amici, era un’esperienza collettiva, cosa che oggi esiste sempre meno. (Peter Greenaway, 2018, link)

Al di là di questo, resta il fatto che il cinema di oggi non cerca più l’arte che deriva dall’uso creativo del linguaggio cinematografico. Si tratta di mera rappresentazione, che possa divertire (o angosciare, o commuovere…) per una serata. Mentre si mangiano polpette…

26 ottobre 2018. E il videogioco non sarà più come prima

Spesso i palazzi in costruzione vengono usati per ospitare grandi affissioni. Spesso ci son su faccioni di attori famosi che promuovono la mega produzione cinematografica di turno. Ma nel mese di ottobre del 2018, in tutto il mondo, è un videogioco a conquistare quegli spazi.

Red Dead Redemption 2 è una produzione Rockstar Games. Ci hanno lavorato più di 1000 persone, hanno impegnato un budget di 1 miliardo di dollari e hanno impiegato 7 anni di sviluppo. Nei mesi successivi al lancio, RDR2 è diventato uno dei prodotti videoludici più venduti del decennio: 24M di copie (a maggio 2019). E 1.2B$ di incassi stimati. Per fare un paragone con altri prodotti dell’industria ludica del 2018, i film più visti (Black Panther, Avengers: infinity wars) hanno incassato 700M di dollari in tutto il mondo.

Pad alla mano, il giocatore di RDR2 impersona Arthur Morgan, un fuorilegge del 1899, appartenente alla banda Van der Linde. È la fine del secolo, la corsa al west volge al termine e non c’è più spazio per i banditi a cavallo. La gang cerca quindi una strada per fuggire e costruirsi una nuova vita. Red Dead Redemption è un open world di dimensioni pazzesche, con animazioni pazzesche e ambientazioni pazzesche. È possibile interagire con centinaia di personaggi, pescare e cacciare, fare il cacciatore di taglie o rapinare diligenze, accamparsi in riva a un fiume col revolver sotto il cuscino o tornare al campo base della banda e dormire nella carrozza. Col revolver sotto il cuscino.

La trama scorre come in un film, fra litigi, rapine, ammazzamenti e sessioni di caccia. Ma è il giocatore a controllarla e a deciderne la velocità di avanzamento. L’interazione è da sempre una differenze rilevante fra un prodotto videoludico e uno cinematografico. L’innovazione di RDR2 sta nel raggiungere una qualità cinematografica non soltanto nelle cut scenes, ma in tutto il gioco

2018. Il cinema è sempre simile a se stesso

Tra sequel, prequel e porting, il cinema non innova più. Ricordo ancora i brividi di quando vidi per la prima volta Quarto potere. E ricordo che non riuscivo a star fermo nella poltrona mentre cercavo di capire Pulp fiction. Immagino lo stupore dei primi anni del secolo scorso, quando ogni fotogramma era meraviglia. E comprendo anche l’entusiasmo per Avatar dove l’innovazione tecnologica valeva più della trama.

I film più visti del 2018? In America i primi 10 film si articolano in questi gruppi:

  • le produzioni del Marvel Cinematic Universe o della DC con Black Panthers, Avengers Infinity war, Aquaman, Deadpool2, Ant Man
  • la prosecuzione di franchise affermati: Jurassic World, Mission Impossible,
  • sequel di film precedenti: The Grinch, Incredibles 2
  • biografici: Bohemian Rhapsody

E in Italia? Uguale.

Mary Poppins (sequel di un film storico) e Jumanji (idem) entrano nella top 10 ma non cambiano il concetto che si vuol esprimere qui. Hotel Transilvania 3 e Animali Fantastici pure. In classifica in Italia c’è anche 50 sfumature di grigio :(

E l’anno precedente? Uguale.

  • fumetti: Spiderman Homecoming, Thor, guardian of the galaxy 2, wonder woman
  • franchise: Star Wars: the last jedi, Despicable me 3
  • remake di film storici: Beauty and the beast Una eccezione in top ten è It che però entra lo stesso nel filone dell’intrattenimento puro.

Intendiamoci. L’intrattenimento non è affatto disprezzabile. E’ altamente nobile e utile. Il punto è che il cinema ha smesso di innovare, ha smesso di utilizzare il proprio specifico linguaggio come una forma artistica. In più, molti autori di opere veramente innovative, forti e di successo (ad es. Tarantino o Shyamalan), negli ultimi anni sono passati a fare il verso a loro stessi.

maggio 2019. Un gioco di troni

Non avevo mai visto Il trono di spade. E con tutto quello che se ne è parlato in occasione dell’ultima stagione, m’è venuta voglia di vederla. In meno di tre settimane ho recuperato tutte le 8 stagioni. Avvincente: prima per l’elevato contenuto di gnocca, poi per gli intrighi telenovelistici e infine per le sotto trame socio-politiche.

Game of Thrones, produzione HBO, ha avuto un budget di 100M di dollari e incassi incalcolabili. Tra l’aprile del 2011 e il maggio del 2019, si sono susseguite 73 puntate che hanno progressivamente incrementato gli spettatori. Si parte dai 9M della prima stagione, per arrivare ai 25M della sesta e ai 35M della settima.

Forse, con la sola eccezione dei film tratti dai fumetti, Game of Thrones è l’evento audiovisivo più importante di sempre. Perché? Oltre alle battaglie di spade, le nudità, il sesso e gli intrighi, Forbes ha scomodato analisti e psicologi, trovando 7 motivi (link).

1) il miglior “world-building”

It basically does what serious science fiction and fantasy have always done, functioning as a symbolic commentary on the main social and political issues of the day. Game of Thrones creates a world that we vicariously navigate in every sense – from the topographic opening credits to our love-hate relationships with the complicated (and not always comprehendible) characters. And we’re emotionally invested in what happens next.

2) è intelligente

Game of Thrones is arguably one of the smartest, most nuanced shows around, in both plot and language. So smart, in fact, that it can be hard to follow, but doing so is rewarding, since our brains crave the cerebral work the show has us do

3) è buono per tutti gli organi

There’s sex, violence, jack-in-the-box moments, and gushing internal organs, which all act as a nice counter to the talkier parts. Sexposition has been a hallmark of the show

4) è sorprendente. Lo scrittore dei libri Martin, ha espressamente dichiarato che il suo intento era stupire. A lui non piacciono tutte le fiction dove l’eroe alla fine vince. Martin vuole che il pubblico abbia davvero paura di perdere i suoi beniamini, che infatti muoiono.

Central characters are killed, psychopaths claim power, weddings become bloodbaths, and bad guys develop consciences as time passes

5) non c’è buono o cattivo

the best characters are flawed and even the worst have something redeeming.

6) gli stereotipi ci sono, ma sono distrutti e ricostruiti

The interesting thing about Game of Thrones, is the way it incorporates many of the archetypal characters and plots of fantasy and classic heroic and mythic storytelling, yet it does so by often altering them and even subverting them.

Daenerys seems to be emerging as the revolutionary and the idealist radical who once fought to overthrow unjust systems and free the oppressed, yet one who slowly succumbs to the pressures and compromises of the real world of politics. By the end of the fourth season she has not only built a small kingdom of her own but has no qualms in ruthlessly meting out punishment when the order and her rule are challenged.

7) Le donne in Game of Thrones sono molto sfaccettate e complesse. Su questo, molto interessante anche il podcast di Michela Murgia (Morgana) che in una puntata parla proprio delle figure femminili ne Il trono di spade (link).

Women are introduced as certain “types” – the tomboy, the bitchy princess, the conniving queen, the loving mother, the witch, the warrior, prostitutes, and lots of others – but just as the male characters do, the females morph in various ways over time, as they maneuver through the male space. Some of the women get exactly what they want, in a perverse way

8) Tutto a Westeros è politicamente scorretto: i ragazzi buoni vengono ammazzati, quelli cattivi regnano, le donne sono violentate, gli gnomi marginalizzati. Eppure…

The story is not politically correct but the storytelling certainly is. Issues of gender, race, the differently-abled, and multiculturalism are all handled with a sensitivity that would make the series welcome in any university survey course on fantasy fiction.

9) un fantasy medievale per parlare della realtà

The show is a perfect metaphor for the scorched-earth style of politics in a deeply divided red state/blue state America. Westeros can stand in for a world of Fox News fans and MSNBC fans who despise each other and would accept nothing less than the complete annihilation of the other side. Arguably, one of the best examples of modern-day metaphor in the show is the Wall. It’s designed to keep out other, both literal and abstract. It’s an “effective metaphor for the United States’ own undocumented immigrant issue, It’s also a good analogy for the denial of climate change and of, well, any other outside threat. the kingdoms of Westeros are also living in denial of the fact that a major winter will be covering land…. the kingdoms are too preoccupied with their infighting to do any preparation for this looming climate change. Parallels to America’s own attitudes about the environment and climate change are obvious.

10) Il trono di spade non ignora le disabilità. Tyrion, ad esempio, è un nano e questa sua caratteristica è evidenziata nello show. La gente lo considera un “mostro deforme” ma…

… on the other hand, he’s apparently “endowed” with other attributes, both physically and mentally – he’s certainly the quickest-witted, most insightful character on the show.

In questa analisi di Forbes non emerge nessun motivo “cinematografico” per spiegare il successo della serie. E infatti, non c’è nessun motivo “cinematografico” per guardare Game of Thrones. Lo show è puro e intelligente intrattenimento, con anche validi significati politici e sociali.

Il linguaggio cinematografico non si usa più, nel cinema come nelle serie tv. Ad esempio, il montaggio è usato solo per dare ritmo, non per esprimere significato. E la trama avanza a suon di dialoghi e non per immagini.

E così, guardare Game of Thrones o i recenti film al cinema, non è (più) un atto cinematografico ma un mero momento (beh, svariate ore) di intrattenimento.

1 giugno 2019. Kojima e il trailer di Death Stranding

I videogiochi, da sempre, sono una forma di intrattenimento. Oggi inizia a vedersi qualcosa che va oltre.

In termini di business, l’industry dei videogames ha superato abbondantemente quella cinematografica e musicale. Si calcolano 140B di dollari di giro d’affari. Gran parte è merito dei giochi per cellulari, i free-to-play (Fortnite da solo ha tirato su 3B di dollari l’ultimo anno) o gli e-sports, ma intorno ai videogames girano molti più soldi che negli altri settori dell’entertainment.

E progressivamente, le capacità tecniche dei video games si sono evolute migliorando la verosimiglianza degli ambienti e delle animazioni (come abbiamo visto sopra a proposito di RDR2).

Ma adesso siamo pronti per una nuova evoluzione.

Ad esempio l’uso degli attori. Questa non è una vera novità. Van Damme ne ha fatti diversi (Mortal kombat) già molti anni fa. Erano motivazioni di marketing. I giochi avrebbero venduto di più con un volto noto (e coerente) a far parte del cast.

Stessa logica per Jean Reno.

E anche in tempi recenti si sfrutta questo effetto. In Cyberpunk 2077, in uscita ad aprile 2020, ci sarà Keanu Reeves. L’attore è stato anche mandato sul palco dell’E3 di Los Angeles a giugno 2019 per presentare il gioco.

Mr. Hideo Kojima, icona del mondo videoludico, va oltre (sembra andare oltre) introducendo la recitazione all’interno della sua ultima creazione Death Stranding. Ha scritturato attori veri e li muove dentro il suo nuovo gioco dove non ci sono soltanto splendide ambientazioni e animazioni ma dove la recitazione ha un ruolo importante.

Ancora si sa molto poco sull’ultimo lavoro di Kojima. Tutto quello che si è visto è il trailer, parecchio cinematografico, uscito il 1 giugno (qui isoliamo la parte dove il Mikkelsen computerizzato recita)

So what?

Il cinema è stato un elemento di innovazione e comunicazione molto a lungo: dai Lumière a Cameron; da Ėjzenštejn a Welles. In passato il cinema segnava i riferimenti culturali. Come ricorda il The Hollywood Reporter in un articolo dal titolo Why Aren’t Video Games as Respected as Movies (link)

Look no further than the cultural impact of Star Wars, Disney princesses, Indiana Jones, Marvel’s superheroes — or, to look at earlier generations, Gone With the Wind, The Wizard of Oz or the influence actresses like Marilyn Monroe or Audrey Hepburn had on fashion and society’s perception of beauty. To put it philosophically: When audiences watch movies, they often see figures they aspire to be.

E’ questo ancora vero? I film di oggi hanno ancora quel ruolo? No. Direi proprio di no.

Nei videogiochi il ragionamento è diverso. Lo spettatore controlla lo svolgimento della storia, in molti riesce a far cambiare le sembianze del protagoniste, per farselo a sua immagine o comunque per costruire una sua creatura.

One such recent example is in the NBA 2K series, which lets players import a series of selfies to map onto their avatar, allowing gamers to see, and control, themselves as an NBA superstar.

Ma oltre a questo, ci sono personaggi dei videogiochi che sono diventati delle vere e proprie icone dell’era moderna.

In the 1990s, a national survey published by Duke University Press found that Mario was more recognizable to American children than Mickey Mouse. Characters such as Link, Zelda and Donkey Kong have been a mainstay of pop culture for over 30 years

Eppure giocare viene ancora visto come una roba da ragazzini che hanno tempo da perdere. I videogiochi sono creduti dei friggicervello, buoni a costruire killer seriali o istigare al suicidio. Passare 70 ore a cavalcare per la mappa di Red Dead Redemption 2 viene socialmente visto come tempo buttato, mentre non lo è altrettanto guardarsi tutto Game of Thrones o scorpacciarsi tutti i film della Marvel Cinematic Universe.

Bisognerebbe arrivare ad un punto dove ammettere che il cinema ha ormai molto poco da dire e le serie tv slabbrano le trame per occupare decine di puntate. Nei videogiochi invece ci si intrattiene, ci si emoziona e si è coinvolti in prima persona.

E questo non vale solo per le grandi produzioni videoludiche, ma anche per molti giochi indie a basso budget, come Gris.

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