Miss Violence
dal festival del cinema di Venezia 2013
2 settembre 2013
Nel giorno del suo 11° compleanno, Angeliki si suicida. Piano piano Miss Violence ci porta all’interno di una famiglia allargata dove un uomo e una donna gestiscono i tre figli e i due bambini della figlia più grande. Senza fare spoiler è impossibile parlare di Miss Violence ma poiché è obbligatorio parlarne, farò spoiler. Miss Violence è una storia di incesti, di violenza, di prevaricazione, di potere. Una storia di donne vittime e complici. Una storia di uomini depravati e meschini. Una storia di istituzioni occupate soltanto a rispettare la forma. Una storia di un sistema, quello greco, che vive di espedienti. Angeliki prima di buttarsi di sotto guarda in macchina, per dieci interminabili secondi. Guarda noi, spettatori a quella tragedia. E sorride, perché riesce, con quel gesto, a fuggire dall’inferno. Eleni, mentre vede sua figlia sparire in una delle tante camere insieme al nonno, padre di lei, guarda in macchina. E non sorride. E’ atterrita. Sua madre, dopo vent’anni di soprusi, di botte e di violenze consumate ai danni di figlie e nipoti, prima di afferrare il coltello, guarda in macchina: ha lo sguardo di un’automa, senza più emozioni, senza più sentimenti. Annientata. Insomma, si guarda in macchina in questo film, come ad interrogare tutti noi, gli spettatori, se per caso anche nelle nostre case, nei nostri condomini, nelle nostre città… non accada qualcosa di simile.
cosa mi è piaciuto:
Non si tratta solo di violenza e di incesti. Si tratta di esercizio del potere. Il padre/nonno pesa il cibo e controlla il livello del latte: nessuno mangia senza che lui lo dica. Decide i movimenti di tutti i familiari, assegna le punizioni, richiede compiti assurdi. Anche questo è violenza. Anche questo è sopruso. Anche questo è ridurre in schiavitù i compagni di vita.
Ma si tratta soprattutto di violenza e di incesti. Una scena meravigliosa, in tutta la sua crudezza, è la violenza carnale consumata su Myrto. Su un materasso pulcioso, in un retrobottega, il corpo nudo della quattordicenne viene violato da un uomo. Poi ne sale un altro. Poi sale il padre, a prendere la sua dose di piacere. Senza che mai si veda il volto della ragazzina. Un piano sequenza di enorme bellezza cinematografica e di enorme schifo. La matassa della vicenda è dipanata a questo punto, in tutta la sua tragicità. Un attore immenso, Themis Panou, che interpreta l’orco padre/nonno in una progressione di cattiveria e in una alternanza di sguardi sottomessi (quando vende le figlie o quando cerca di ingraziarsi gli assistenti sociali) e di sguardi feroci (quando punisce le più piccole inosservanze ai suoi ordini). Attrici bravissime Reni Pittaki (la madre), Eleni Roussinou (Eleni) , Sissy Toumasi (Myrto) che rendono, rispettivamente, l’indifferenza, la pazzia e la rabbia.
L’assenza di colonna sonora è una scelta non innovativa ma certo azzeccata. Le porte che sbattono, i rumori degli oggetti e dei gesti è l’unico suono che si sente in Miss Violence e contribuisce a farci attorcigliare le budella.
La macchina da presa è mossa benissimo, sempre con inquadrature perfette, fredde, tristi. Il livello di choc di questo film è dato contemporaneamente da ciò che sentiamo, da ciò che vediamo e da come lo vediamo.
Cosa non mi è piaciuto:
La storia narrata in questo film fa vomitare. E’ meraviglioso dal punto di vista cinematografico, ma non si resta immuni allo schifo che ci leggiamo dentro.
voto finale: 5⁄5 stelle
Sono cinque stelle relative a questa Mostra del Cinema di Venezia e non alla storia del cinema tutto. Infatti, non è la prima volta che il cinema affronta questo argomento. Come del resto tutti gli argomenti. Alexandros Avranas, classe 1977, al suo secondo lungometraggio, lo fa in modo originale, devastante, sorprendente e particolarmente cinematografico. Questo è un capolavoro.
Miss Violence, di Alexandros Avranas (Grecia, 2013); scritto da Alexandros Avranas e Kostas Peroulis; con Themis Panou (il padre), Reni Pittaki (la madre), Eleni Roussinou (Eleni) , Sissy Toumasi (Myrto); fotografia di Olympia Mytilinaiou;
Il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria e la Coppa Volpi per la Miglior Interpretazione Maschile al Festival del Cinema di Venezia.
Una dichiarazione di Avranas dal sito ufficiale del film: > “Mi chiedo sempre chi ha il potere: colui che colpisce o chi invece sente il dolore? La violenza più dura è quella del silenzio e del non detto”.
Ecco la dichiarazione apparsa sul sito ufficiale del film: > “Athens 2013. Somewhere near the city center. Colored apartment blocks create a grey world. The quiet of an unbearable daily routine is broken by the suicide of an eleven-year-old girl. What could possibly drive a child to decide that she no longer wants to live? And why did nobody know her truth? This girl, like a symbol of many modern-day children who are forced to submit to the rules of a harsh, hopeless society, proceeds to lay bare and reveal every kind of possible exploitation and manipulation carried out in a system which some people still call a family. The Father, as the leader, commands and defines the way the family functions through ways which are not much different to those used to manipulate society. The rest of the family members are victims that can no longer function with rules other than the ones they have been raised with. I always wonder who has the power: the one who strikes or the one who feels the pain? The harshest violence is that of silence. Of the unspoken. Of the regularity that covers up every emotional void created by the exercise of power.”
Dal Catalogo della Mostra del Cinema:
il commento del regista: Da qualche parte nei pressi del centro cittadino. Palazzi residenziali colorati creano un mondo grigio. La tranquillità di un’insopportabile routine quotidiana è spezzata dal suicidio di una ragazzina. Come un simbolo dei tanti bambini costretti a sottostare alle regole di una società dura e disperata, la ragazza riesce a mettere a nudo e a rivelare ogni possibile sorta di sfruttamento e manipolazione effettuati in un sistema che alcuni chiamano ancora famiglia. Il padre comanda e stabilisce in che modo la famiglia debba funzionare con metodi che non sono molto diversi da quelli usati per manipolare la società. Mi chiedo sempre chi abbia il potere: chi colpisce o chi prova il dolore? La violenza più efferata è quella del silenzio. Del non detto.
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